Padova è la città del prato senza erba, del cavallo senza cavaliere, del caffè senza porte, del santo senza nome. Il primo è il Prato della Valle che il podestà veneziano Andrea Memmo fece sistemare bonificando un terreno impaludato. Il secondo è un cavallo di legno conservato nel Palazzo della Ragione, attribuito a Donatello e fatto costruire per una giostra da Annibale Capodilista, nel 1446. Il terzo è il Caffè Pedrocchi che restava aperto giorno e notte. Il quarto è la Basilica di S.Antonio, detta semplicemente Il Santo, costruita per custodire le di lui spoglie.
PRATO DELLA VALLE
Non alla solitudine scrovegna, o Padova, in quel bianco april felice venni cercando l'arte beatrice di Giotto che gli spiriti disegna;
né la maschia virtù d'Andrea Mantegna, che la Lupa di bronzo ebbe a nutrice, mi scosse; né la forza imperatrice del Condottier che il santo luogo regna.
Ma nel tuo prato molle, ombrato d'olmi e di marmi, che cinge la riviera e le rondini rigano di strida,
tutti i pensieri miei furono colmi d'amore e i sensi miei di primavera, come in un lembo del giardin d'Armida.
Gabriele D'Annunzio, PADOVA, "Le Città del silenzio"
PADOVA, Caffè' Pedrocchi
Specialità: un espresso macchiato con crema alla menta e un velo di cacao.
Il Caffè Pedrocchi è uno dei più grandi e famosi caffè del mondo. Si trova nel pieno centro di Padova. Progettato dall'architetto Jappelli, si compone di due piani: il pianterreno, inaugurato nel 1831, ospita le sale per gli avventori il bancone, i laboratori e la cucina. Il piano nobile ospita invece alcune belle sale (sala Rossini, sala egizia) ed è attualmente utilizzato per mostre ed esposizioni temporanee. Vi si trova il Museo del Risorgimento. L'importanza storica del locale è anche data dal fatto che l' 8 febbraio 1848, il ferimento al suo interno di uno studente universitario diede il via ad alcuni dei moti caratterizzanti il Risorgimento italiano e che sono ancora oggi ricordati nell'inno ufficiale universitario: Di canti di gioia, di canti d'amore Risuoni la vita mai spenta nel cuore Non cada per essi la nostra virtù... C'e' una superstizione fra gli studenti di Padova, dovuta probabilmente agli avvenimenti del 1848: "chiunque entri nel Pedrocchi, non prenderà mai la Laurea."
IL PEDROCCHINO
L'offelleria, ribattezzata Pedrocchino, è una struttura in forme neogotiche, che lo Jappelli affiancò alla loggia meridionale e che accolse subito una clientela esigente e sofisticata. Il Pedrocchino si pone fra i rari esempi del neogotico italiano, un movimento artistico che si rifaceva al "Gothic revival", diffuso nei paesi d'oltralpe sin dalla fine del Settecento. Il termine offelleria deriva da offella, una focaccina dolce in pasta sfoglia.
La RIVIERA del BRENTA
Lungo le rive del canale,che collegava Venezia a Padova, fiorirono più di settanta lussuose ville, meta di villeggiatura per i nobili veneti.
IL BURCHIELLO
Per raggiungere dalla città le loro ville in campagna, i nobili veneziani usavano i burchielli. Il Burchiello era una tipica imbarcazione per trasporto passeggeri, con una grande cabina in legno, con tre o quattro balconi, finemente lavorata e decorata. Veniva spinto dalla forza del vento o dai remi, nel tragitto lagunare, e trainato da cavalli nel percorso da Fusina a Padova, lungo la Riviera del Brenta. A bordo dei burchielli si svolgeva la dolce vita veneziana: qui nobili e patrizi, avventurieri e canonici, dame e cicisbei, commedianti ed artisti animavano e rendevano piacevole il tragitto fluviale ai viaggiatori locali e stranieri. Forse nessuna imbarcazione ebbe una vasta letteratura come i burchielli, citati e descritti per quattro secoli da poeti e romanzieri italiani e stranieri come il Goldoni, Casanova, Byron, Goethe, Montaigne, D'Annunzio... Il Goldoni così descriveva il burchiello in un suo famoso poemetto del 1760 Musa, cantiam del Padovan Burchiello la deliziosa, comoda vettura, in cui per Brenta viaggiasi bel bello dal gel difesi e dall'estiva arsura...Parlo di quel vaghissimo Naviglio di specchi, e intagli e di pitture ornato,che ogni venti minuti avanza un miglio, da buon Rimurchio, e da Cavai tirato
LA BARCHESSA
Andrea Palladio ideò per le ville venete una struttura architettonica che riuniva in sé elementi classici mutuati dalle ville imperiali romane e caratteristiche del tutto originali come le barchesse, una sorta di dependance che si affiancava al corpo centrale. Esse erano adibite a rimesse di attrezzature agricole, stalle e scorte alimentari; di norma presentano una struttura ad alte arcate a tutto sesto. La tradizione veneta della barchessa resistette fino alla fine del Settecento. Oggi si possono vedere lungo le campagne, isolate barchesse prive della villa perché, durante l'Ottocento, molti edifici del patriziato veneziano vennero abbattuti, lasciando solo queste grandi strutture arcate, come è accaduto a Villa Valmarana, lungo la riviera del Brenta.
Nessun commento:
Posta un commento